I grandi cambiamenti urbanistici e cicli decorativi della Roma post-unitaria

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07/11/2014 - 14/06/2015
Galleria d'Arte Moderna

L’urbanizzazione di Roma dopo il 1870

La conclusione del processo di unificazione nazionale e il trasferimento della nuova capitale a Roma determinò, nel giro di pochi anni, il profondo cambiamento di questa città.

Il  carattere agricolo della Roma papalina emerge dalle disposizioni del 1864 in cui si vietava “ di scozzonare cavalli”, “di far vagare nelle piazze e nelle strade polli, animali immondi, vacche e giumenti qualunque”. Questa città “immobile” di soli 20.000 abitanti piena di orti, vigne e ville si trovò a fronteggiare, dal 1870, l’affluenza di un numero sempre più crescente di immigrati come ex braccianti provenienti dalle campagne o impiegati arrivati dalle regioni del nord Italia.

L’emergenza casa, insieme alla dotazione di edifici pubblici governativi ed amministrativi fu il primo problema che il neo nato Comune dovette affrontare di concerto con lo Stato centrale.

Nella Roma prima del 1870 l’unica componente sociale che poteva essere definita “borghesia” era costituita dai mercanti di campagna e furono loro a divenire mercanti di terreni fabbricabili ed impresari edili, iniziando una nuova attività ben più lucrativa di quella dell’agricoltura. Gran parte dei terreni disponibili erano di proprietà dell’aristocrazia romana o della Chiesa, nel 1873 con l’abolizione dell’asse ecclesiastico si iniziò l’acquisto a prezzi assai vantaggiosi di larghe estensioni di terreni anche non definiti edificabili dal piano regolatore dello stesso anno ma che ben presto lo sarebbero diventati di fatto.

I piani regolatori del 1873 e poi del 1883 non vennero rispettati, la “febbre” edilizia rifiutava ogni programmazione e disciplina nell’ottica della pura speculazione, furono costruite abitazioni dove non erano previsti alloggi, si seguirono non le necessità della città ma le esigenze di mercato con la conseguenza di avere contemporaneamente case vuote e gente senza casa.

Queste nuove imprese edili trovarono finanziamenti da parte delle banche, tra cui la banca Tiberina, e questo determinò il sempre maggiore coinvolgimento finanziario degli istituti di credito creando un vorticoso giro di cambiali che sfociò negli anni ’80 dell’Ottocento nella grande crisi edilizia in cui rimasero travolti imprenditori, capomastri e semplici operai, a questi si devono aggiungere altre “vittime”: i modesti impiegati, piccoli funzionari e le loro famiglie che dovettero vivere per vent’anni in quartieri appena iniziati, senza servizi, senza scuole e senza mercati.

La costruzione dei tre quartieri, Ludovisi, Prati di Castello e San Lorenzo, è emblematica, destinati a diversi ceti sociali hanno un comune denominatore: furono tutti edificati fuori delle direttive del piano regolatore e solo in seguito a fronte della costruzione ultimata vennero inclusi come “varianti” nei piani regolatori successivi.

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Luogo Galleria d'Arte Moderna
Tipo
Iniziativa didattica

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07/11/2014 - 29/11/2015
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