Storia del museo
La Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale ha una storia complessa e travagliata fin dal suo esordio ufficiale nel 1925. Dopo le sofferte vicende legate alla raggiunta unità d’Italia, tutte le maggiori città gareggiarono fra di loro per dotarsi di un museo civico che testimoniasse al contempo sia il patrimonio storico-artistico del singolo territorio sia il rapporto culturale con il nuovo Stato.
A Roma questa volontà, documentata dal lontano 1883 quando il Comune di Roma effettuava i primi acquisti presso l’Esposizione Internazionale di Belle Arti tenutasi al Palazzo delle Esposizioni, troverà realizzazione nel 1925. In quell’anno infatti la Galleria venne istituita, all’interno di un più vasto progetto museale, presso il Palazzo Caffarelli in Campidoglio con un allestimento documentato nelle pagine della rivista “Capitolium” e curato da Settimo Bocconi.
Denominata dal 1931 Galleria Mussolini, nonostante il pregio e il numero delle acquisizioni, fu soppressa temporaneamente nel 1938 e le opere concesse in deposito presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna o destinate ad arredi di uffici. Eppure, nonostante le sfavorevoli circostanze, grande continuò ad essere l’importanza della collezione determinata dal pregio di numerosi acquisti e donazioni.
Nel 1900 il Comune di Roma istituì, con potere consultivo in materia di acquisizioni, il Comitato Storia e Arte, dal 1924 sostituito dalla Commissione Storia ed Arte tuttora attiva. Grazie a questi organismi, l’Amministrazione Capitolina intraprendeva lungo il Novecento in modo continuativo una forte e tenace politica di acquisti, in particolare presso le mostre inaugurate a Roma, con lo scopo sia di promuovere le arti, e incoraggiarne la produzione, sia di dotare la capitale di una ricca collezione testimone del nuovo status. L’attenzione si concentrò principalmente sulle Associazioni che si occupavano di promuovere eventi espositivi quali la Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti, attiva fino al 1929, le Biennali Romane, le Mostre di Arte Marinara, le Mostre di Arte Sacra, le Mostre Sindacali e le Quadriennali, quest’ultime di valenza nazionale, che avevano luogo presso il Palazzo delle Esposizioni.
Per avere un’idea della politica culturale di quegli anni, basti pensare che le opere acquistate per la Galleria Comunale nelle edizioni delle Quadriennali tra il 1931 e il 1943 furono ben trecentoquarantotto, un patrimonio estremamente interessante che raccoglieva i nomi più significativi dell’arte italiana della prima metà del Novecento quali Carrà, de Chirico, Carena, Casorati, Capogrossi, Scipione, Cavalli, Afro, Severini, Trombadori, Morandi e molti altri che si andarono ad aggiungere alle opere di Carlandi, di Sartorio, di Coleman, e in genere agli artisti de I XXV della Campagna Romana, oltre a un significativo nucleo di opere della seconda metà dell’Ottocento. Per non dimenticare, poi, un variegato fondo ascrivibile agli anni tra Simbolismo e Secessione e a un nucleo altrettanto importante di opere futuriste degli anni Trenta.
Nel 1949, grazie a Carlo Pietrangeli e con la restituzione parziale del patrimonio in deposito presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, la Galleria venne nuovamente inaugurata. La sede fu stabilita in Palazzo Braschi per essere, nel 1963 trasferita a Palazzo delle Esposizioni con una selezione permanente di opere curata dallo stesso Pietrangeli. Disallestita nel 1972, per i lavori nel palazzo, le opere furono ancora trasferite a Palazzo Braschi, questa volta chiuse nei depositi, e in altri immobili comunali. Nel 1989 la collezione fu oggetto di nuovo interesse con l’assegnazione di una sede presso l’ex Birreria Peroni, interessante esempio di archeologia industriale nel quartiere Nomentano, oggetto in quegli anni di un complesso piano di recupero.
Nel frattempo, con una selezione dei capolavori della collezione, nel 1995 veniva inaugurata le sede di Via Crispi, nell’ex convento delle Carmelitane Scalze a S. Giuseppe Capo le Case, tuttora sede del Museo.