L'Opera del mese - gennaio 2022
Gennaio 2022
Afro (Afro Libio Basaldella)
(Udine, 1912 - Zurigo, 1976)
Natura morta, 1937
olio su multistrato, cm 70 x 95,5
inv. AM 1337
Esposto alla VIII Mostra del Sindacato Belle Arti del Lazio del 1938, il dipinto rappresenta una composizione di diversi strumenti musicali (mandolini, liuto, trombetta, corno, salterio, campanella) e, sullo sfondo, un “quadro nel quadro” in cui un giovane suona uno strumento a corda simile a quelli che, nel primo piano, risultano deteriorati e inutilizzabili.
La scelta del punto di vista, il posizionamento obliquo del tavolo e soprattutto le numerose corrispondenze formali, cromatiche e luministiche concorrono a rinsaldare il legame fra gli oggetti in primo piano e il dipinto sullo sfondo - gli uni accuratamente descritti e messi a fuoco, l’altro più sfrangiato e indefinito - indissolubilmente connessi in un’unica struttura narrativa e simbolica.
La critica propende per un’interpretazione metaforica del soggetto: nel dipinto collocato sullo sfondo la musica nasce dalle dita del giovane liutista, che dispone di uno strumento funzionante; non danno musica, invece, gli strumenti danneggiati e in disuso collocati sul tavolo. In linea con il tema della “vanitas” seicentesca, si tratta di una riflessione sul trascorrere del tempo, sulla memoria, sulla fragilità e corruttibilità delle cose.
Uno degli aspetti più interessanti del dipinto è la presenza di due datazioni: “1937”, sul bordo del tavolo in basso a destra, accanto alla firma dell’artista, indica l’anno di realizzazione dell’opera; “1912”, nell’angolo inferiore del quadro con musicista, indica l’anno di nascita dell’artista. Afro in questo modo suggerisce un’ulteriore chiave di lettura: ogni artista - e nello specifico allude a se stesso come pittore - ha il potere di trasmutare un oggetto in arte, di generare poesia dalla materia inanimata, di trasfigurare il reale.
Afro Basaldella, che nel suo lungo percorso supera la figurazione naturalistica per approdare a un acceso espressionismo e quindi, nel dopoguerra, a un’astrazione lirica ed evocativa, è negli anni Trenta uno degli esponenti della Scuola romana e del “tonalismo”. In questo dipinto, strutturato secondo attenti accordi cromatici di pochi colori su una predominante di gialli, sono inoltre evidenti i riferimenti al colorismo veneto, al Seicento fiammingo, alle nature morte di tema musicale del bergamasco Evaristo Baschenis (1617-1677) e, nel panorama contemporaneo, ad alcune opere di Corrado Cagli e alle forme di Giorgio Morandi.
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